Se l’importante è partecipare, un numero non indifferente di giocatori che si intrattiene sul network Xbox Live non lo sa e vuole vincere a tutti i costi. In caso di sconfitta, poi, la reazione può essere rabbiosa al punto da ipotizzare una vera e propria rappresaglia nei confronti del vincitore, con il gioco che si trasforma in azione di cracking e sconfina nella violazione dei termini di utilizzo della rete con relativo ban da parte di Microsoft.
Il fenomeno è in pieno boom da tre, quattro settimane a questa parte rivelano gli esperti, e i suoi potenziali effetti negativi sull’intera esperienza “Live” della console ad alte prestazioni più venduta hanno spinto Redmond a investigare la faccenda da vicino. Anche se in realtà il problema appare strutturale e non si può fare molto per inibire completamente le rappresaglie dei frustrati da incapacità videoludica.
I cracker, o chi a essi si rivolge per “farla pagare” a un avversario più capace con i competitivi videogame on-line, sfruttano ovviamente il fatto che ogni Xbox connessa in rete si comporta esattamente come qualsiasi PC client, facendosi riconoscere e comunicando con le altre Xbox e il network Live stesso attraverso un indirizzo IP univoco attribuito secondo i dettami dello standard TCP/IP.
Una volta compresa questa semplice verità strutturale, è relativamente facile, per chi è motivato e ne ha le conoscenze, scagliare ogni genere di attacco contro quell’IP specifico, inclusi tentativi di DDoS e flooding di dati per buttare fuori da Live una macchina o un intero gioco che da essa dipenda.
Molte delle contese sul network di Xbox sono infatti ospitate dagli stessi giocatori, punto di forza e al contempo debolezza intrinseca di un sistema che si presta ad abusi da parte di chi è capace di recuperare, attraverso tecniche di packet sniffing che prevedono il collegamento di un PC alla console per usare tool appositamente programmati, il famigerato indirizzo IP della macchina che si vuole attaccare.
La fame di vendetta degli sconfitti del joypad ha generato anche un mercato clandestino di tool ammazza-IP, dove con 20 dollari o meno ci si fa installare o si porta a casa tutto l’occorrente per beffare chi è più bravo a giocare ma non può proprio difendersi da attacchi mirati a mezzo IP.
Con l’acuirsi del fenomeno è arrivata la risposta ufficiale di Microsoft, ma questa non offre molte speranze a chi è costretto a subire le angherie antisportive di hacker e frustrati da impotenza videoludica: “Questo problema non è connesso al servizio Xbox Live – avrebbe dichiarato l’azienda di Redmond – ma alla connessione Internet del giocatore. L’hacker potrebbe anche provare a disturbare altre attività di rete, come lo streaming video o il browsing web, usando gli stessi tool”.
Quel che Redmond può certamente fare è rendere chiaro il fatto che “questa attività malevola viola i Termini di Utilizzo di Xbox Live, e porterà al ban dalla rete e ad altre azioni appropriate al fatto”. Contro i cracker e gli script kiddie antisportivi che abusano di Internet sulle home console l’arma migliore rimane la deterrenza.
di Alfonso Maruccia tratto da PuntoInformatico